Il metaverso non esiste ancora

Il metaverso non esiste ancora …ma è già zoppo

Non si può dire se un giorno il metaverso sarà indispensabile. Per ora il metaverso non esiste ancora o quantomeno è poco affascinante.

 

Se ne era già parlato qui qualche tempo fa, ma ritorniamo sull’argomento perché si continua a parlarne con sempre meno attinenza al concetto proprio

 

Diciamocelo, il metaverso non esiste ancora

Nelle ultime settimane tra guerra e inflazione, il tema del metaverso tiene banco. Titoli come “Metaverso, in che modo potrà far guadagnare Meta & co.”, “Azimut: dentro il metaverso per sbloccare nuove relazioni (in 3d)”, “Metaverso e criptovalute: la frontiera dei nuovi investimenti” si sprecano.

Da dove cominciamo a ragionarne? James Whatley adora i giochi. Lui è il chief strategy officer di Diva Agency ed è frustrato dal clamore generato dai marketer per il metaverso. Come parte di The Drum’s Gaming Advertising Deep Dive , sostiene che tutte queste opportunità che stanno attribuendo ai mondi virtuali del metaverso in realtà esistono già e provengono da tutt’altro. A seconda di cosa si legge, si crede o con che colore ci viene acconciata la storia (è blu, è sempre blu-Meta per inciso), il metaverso potrebbe letteralmente essere un mix qualsiasi di queste cose. Proviamo quindi a eicavare alcune regole di base.

Realtà virtuale o videogame: dove si trova il metaverso?

In primo luogo, il metaverse non esiste ancora. Questo è assolutamente certo. Che lo si cerchi su Wikipedia, che se ne legga la definizione su un dizionario o semplicemente si tragga un briefing dal Bennett Institute for Public Policy dell’Università di Cambridge, tutti affermano la stessa cosa: il metaverso è come l’araba fenice.

In secondo luogo, le persone che affermano che – al contrario – il metaverso esiste non hanno idea di cosa stanno parlando. Chiunque dica che sta facendo qualcosa “nel metaverso” o non ha idea di cosa sta parlando o è intenzionalmente fuorviante su qualcosa che attaglia più propriamente i videogiochi.

Ma Roblox non è il metaverso. Fortnite non è il metaverso. Animal Crossing non è il metaverso. Minecraft non è il metaverso. Nemmeno Mr Bean che vende NFT della propria faccia è il metaverso. A costo di annoiarvi, lo ripeto: il metaverso non esiste. Le cose che ho elencato poc’anzi sono tutti videogiochi (beh, tutti tranne uno di essi). Grandi videogiochi per di più, con comunità preesistenti di giocatori di tutte le età e coorti generazionali, che sono abituati a socializzare, esplorare e giocare insieme nei mondi virtuali online in cui si svolgono questi giochi.

 

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Che senso ha il metaverso?

Invece, qualsiasi discussione sul metaverso deve iniziare con il fatto fondamentale che nessuno può essere d’accordo su che cosa sia. Il termine è stato coniato dal romanziere Neal Stephenson in un libro di fantascienza del 1992. È un concetto abbastanza nebuloso quanto elastico ed al giorno d’oggi viene spesso utilizzato per riferirsi a una sorta di ambiente di realtà virtuale immersiva in cui gli utenti interagiscono tra loro e con il mondo generato dal computer che li circonda.

L’altra cosa che sappiamo per certo è che qualunque sia il metaverso non esiste ancora. L’enorme esperienza totalmente immersiva connotata dal termine semplicemente non esiste ancora, anche se mondi virtuali più piccoli come Roblox o Decentraland e qualunque cosa stia preparando Meta (nata Facebook) appena rinominata potrebbero un giorno fungere da mattoni.

Il paradiso delle marche

Ciò che abbiamo ora non somiglia affatto a un futuristico parco giochi utopico, in cui tutti possono espandere le proprie menti e interagire senza problemi con gli altri senza pregiudizi e barriere geografiche.
Si tratta solo di una promessa futuribile ed ancora incompiutaa. Allora, chi sono i primi pionieri che rivendicano questo nuovo mondo coraggioso? Brand, per lo più.

Certo, molti marchi di moda si stanno spostando nello spazio (virtuale) – dalle case di haute couture come Balenciaga ai centri commerciali come American Eagle – e potrebbero esserci alcune interessanti possibilità creative lì. Anche altri brand di primo piano hanno ricevuto una grande attenzione dichiarandosi attivi nel metaverso. Come JPMorgan, che ha ottenuto molti articoli per essere stata la prima banca nel metaverso aprendo una lounge a Decentraland, oppure lo studio legale Arent Fox, che ha portato BigLaw nel regno. Dove stia l’avanguardia e l’innovazione in tutto questo, però, sfugge. Ed emoziona ancor meno. Perché, anche se tutti i marchi riuniti nel metaverso fossero i più lungimiranti e stimolanti, cercherebbero comunque di venderti qualcosa.

Naturalmente, non si tratta solo dei brand. Chi sta cercando di rendere ancora più virtuali le nostre vite? Sicuramente, tutti abbiamo imparato dai nostri happy hour o feste di compleanno pandemiche su Zoom che le interazioni sociali mediate dagli schermi non entusiasmano allo stesso modo che essere effettivamente in una stanza con altre persone.

Perché il metaverso non esiste ancora

Quindi, oltre a banchieri, avvocati e naturalmente Mark Zuckerberg, con chi altro è possibile entrare in contatto in questo nuovo panorama sociale? Sembra che gli attuali abitanti del metaverso non siano più cortesi di quanto si trovi sul resto di Internet. Vale a dire che, proprio come il mondo reale, il metaverso è apparentemente pieno zeppo di tizi che vogliono palpeggiare qualcuno/a. Meta ha già dovuto implementare un confine personale nella sua piattaforma di realtà virtuale per evitare che accada dopo che è iniziato un vero e proprio rosario di reclami. Se vogliamo cogliere l’occasione per costruire un nuovo mondo, non possiamo almeno renderlo migliore?

Capisco che il metaverso sia ancora ai suoi inizi concettuali. È del tutto possibile che ci possa essere qualcuno seduto in una data room da qualche parte nel mondo (o anche nella sala di un consiglio aziendale) che stia per fare la cosa che renderà fantastico – e soprattutto reale – il metaverso. Quella cosa che ci farà chiedere tutti come si sia potuti vivere senza fino ad ora.
Ma per adesso, non c’è nulla: il metaverso non esiste ancora, come detto. Ed è per questo che io mi chiamerei fuori da questo dibattito, suggerendo di fare altrettanto a chi mi legge. Peraltro, se proprio devo vivere in un futuro guidato dalla fantascienza, preferisco sia uno con macchine volanti piuttosto che quello in cui due avatar che bevono un drink in un bar virtuale, indossando abiti digitali griffati pagati un occhio della testa, venga considerato un appuntamento.

 

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